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Resta informato sugli sprechi in Italia
Dopo l’approvazione di quella legge l’allora direttore generale e altri dirigenti Rai adeguarono al ribasso il proprio compenso ma solo per pochi giorni: da lì a breve la Rai avviò il collocamento di bond per 350 milioni di euro, escludendosi formalmente dai criteri per rientrare nel provvedimento del governo. Ciò è potuto accedere in quanto tutte le norme che si sono succedute dal governo Monti in poi in materia di stipendi pubblici hanno escluso le aziende controllate dallo Stato che emettono titoli di debito quotati. Inoltre l’”esonero” della Rai dal “tetto stipendi” è stato giustificato come un tentativo di limitare le criticità peculiari di un’azienda che sta sia sul mercato pur essendo di proprietà pubblica (la RAI è controllata quasi interamente dal ministero dell’Economia e delle Finanze) e deve quindi essere competitiva con i privati.
Ma lo è? I costi strutturali della Rai rivelano una situazione di inefficienza che diviene ancora più evidente se confrontata con i corrispettivi operatori stranieri.
Si tratta di beni che dovrebbero permettere una rendita oppure un guadagno dalla dismissione. In molti casi invece sono inutilizzati e il costo-opportunità è alto: sono 3995 i beni ancora non destinati dall’Agenzia Nazionale di cui più di 1500 bloccati dalle ipoteche bancarie, mentre altri immobili risultano ancora occupati, inagibili e da ristrutturare. La causa principale è la burocrazia, che ritarda la collocazione sul mercato o i tempi per la nuova assegnazione, e che ha portato a situazioni come quella della villa sull’Appia antica, a Roma, confiscata per due terzi ma indivisibile e così la moglie del boss è rimasta ad abitarci a spese dell’Agenzia per gli immobili confiscati, quindi dei contribuenti.
Paradossale è anche la gestione immobiliare della stessa Agenzia, che paga per i propri uffici romani circa 25 mila euro al mese, 295.000 all’anno, proprio nella città che conta un terzo di beni confiscati e vuoti.
La rete di affitti di favore è trasversale estendendosi dal centro alla periferia, da abitazioni di lusso (170 euro al mese a Posillipo) a case di edilizia popolare, da negozi (da 240 euro al mese) a garage, ma numerosi sono i casi in cui il canone nemmeno viene pagato: solo il 44 per cento dei 33 milioni di affitti che il Comune dovrebbe incassare viene effettivamente pagato.
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